Pubblicazioni

Pubblicazioni otorino a Milano

Contatta lo staff

Pubblicazioni di otorinolaringoiatria e audiologia a Milano

In questa pagina è possibile leggere alcune pubblicazioni di cui il Dr. Alberto Lenzi, con studio a Milano, è autore.

  • Libri

    Slide title

    Write your caption here
    Button

La litotrissia extracorporea ad onde d’urto come opzione di prima scelta nel trattamento della calcolosi salivare

A. Lenzi, W. Fontanella, e P. Capaccio

Dipartimento di Scienze Otorinolaringoiatriche dell’Università di Milano

Ospedale Maggiore di Milano

Introduzione

La calcolosi salivare è un’affezione di frequente riscontro costituendo reperto autoptico occasionale nell’1,2% dei casi (Rauch e Gorlin, 1970) e rappresentando il 50% della patologia delle ghiandole salivari maggiori (Epken, 1972) con un’incidenza delle forme sintomatiche sulla popolazione generale pari a circa lo 0,5% (Escudier, 1999).


Essa colpisce maggiormente il sesso maschile e l’età compresa tra i 30 e i 60 anni (Lustman, 1990); nell’80-90% dei casi interessa la ghiandola sottomandibolare, nel 5-10% la parotide e nel 5% circa la ghiandola sottolinguale o le ghiandole salivari minori (Lustman, 1990).


I calcoli salivari possono essere unici o multipli e presentare dimensioni da 1 a 30 mm (Frame e Smith, 1986), con segnalazioni di calcolosi giganti fino a 45X15X15 mm per 15,882 gr (Kaltman e Eichner, 1987); in analogia alla urolitiasi, essi sono per lo più composti da sali di fosfato e ossalato.

  • Leggi di più

    Eziopatologicamente si riconoscono delle condizioni favorenti o predisponenti come la sovrasaturazione in calcio della saliva, la disidratazione ed il rallentamento del flusso salivare; importanza causale viene attribuita anche alle microinfezioni ascendenti dal cavo orale, o alla presenza lungo il dotto escretore di corpi estranei, tappi mucosi o prodotti di sfaldamento dell’epitelio duttale (Harrison, 1993); non trascurabili infine le varianti anatomiche di decorso e di calibro dei dotti escretori, responsabili in particolare delle calcolosi ricorrenti, e le disfunzioni delle proteine calcio-leganti della saliva, soprattutto nei casi di scialolitiasi plurighiandolare (Escudier, 2001); il più delle volte, peraltro, la causa prima della calcolosi salivare rimane oscura, venendo addirittura invocata la casualità (Escudier, 2001).


    Per la diagnosi, il mezzo d’indagine più accreditato è l’ecografia ad ultrasuoni, che fornisce ragguagli su numero, dimensioni e sede dei calcoli, anche quelli radiotrasparenti, che ammontano a circa un terzo del totale (Yune e Klatte, 1972; Blair, 1973 V.L.); l’ecografia è in grado di definire anche l’eventuale dilatazione duttale a monte dei scialoliti, nonché l’aspetto ecogenico del parenchima ghiandolare (edema, fibrosi, atrofia, ecc…) (Ottaviani F. in Radiologia, 1997).


    Dal punto di vista terapeutico, il trattamento elettivo della scialolitiasi sintomatica, nella stragrande maggioranza dei reparti ospedalieri italiani, è tuttora la scialoadenectomia, atto chirurgico demolitivo che espone il paziente al rischio di complicanze iatrogene specifiche (lesioni di rami nervosi loco-regionali, temporanee, che si verificano mediamente nel 10% delle scialoadenectomie sottomandibolari e nel 26% delle parotidectomie, e permanenti, che incidono globalmente per il 3,3% [Controversis in the …]), oltre che generali (emorragie, infezioni, cheloidi, ecc ..., che si attestano mediamente intorno al 14-16%).


    Peraltro negli ultimi anni, tenuto conto della verificata possibilità di recupero funzionale del parenchima ghiandolare dopo la semplice rimozione di un calcolo (Van den Akker, 1983), ed in accordo con l’unanime aspettativa di procedure terapeutiche meno invasive, sono state proposte nuove metodiche di trattamento della scialolitiasi, tra cui la litotrissia extracorporea ad onde d’urto, la microendoscopia salivare operativa associata o meno alla litotrissia intracorporea (Arzoz E. in Controversis …), le tecniche di radiologia operativa endoduttale (Brown J. In Controversis …) e la chirurgia conservativa per via indorale (McGurk M. in Controversis …).


    La litotrissia extracorporea ad onde d’urto sfrutta le onde di compressione prodotte da una sorgente d’energia, che può essere elettroidraulica, piezoelettrica o elettromagnetica, e le onde di espansione o rarefazione generate dalla riflessione dell’energia su una superficie dura; le une e le altre producono sull'interfaccia tessuti molli/calcolo un’alternarsi di tensioni positive e negative (cavitazione), che facilitano la frantumazione delle concrezioni litiasiche.


    Tale metodica, inizialmente applicata per il trattamento della calcolosi renale (Chaussy C., 1980 e Ziegler M., 1986; CAPACCIO 95) e biliare (Ell CH, 1986 e Sackman M, 1992; CAPACCIO 95), viene da una decina d’anni utilizzata, in qualche reparto d’eccellenza appositamente dedicato, anche per la calcolosi salivare.


    Il presente studio clinico si propone quindi di evidenziare l'efficacia terapeutica, l'innocuità e la convenienza economica della litotrissia extracorporea nel trattamento della scialolitiasi, con l’auspicio di una sua prossima maggior diffusione nell’ambito sanitario nazionale.




    MATERIALI E METODI


    Nell'arco di tempo gennaio-dicembre 2002, presso la Clinica ORL I dell’Università degli Studi di Milano, sono stati sottoposti a litotrissia extracorporea, in regime di Day-Hospital, 80 pazienti, 34 maschi e 46 femmine, di età compresa tra i 14 e i 90 anni (età media 48,63), affetti da scialolitiasi della ghiandola sottomandibolare (65 casi, di cui 38 a sinistra e 27 a destra) e della parotide (15 casi, di cui 8 a sinistra e 7 a destra).


    Tutti i soggetti sono stati indagati con un’ecografia delle ghiandole salivari e, in caso di flogosi acuta in corso, sono stati preventivamente trattati con antibiosi sistemica.


    I casi reclutati presentavano pressoché esclusivamente un unico calcolo (solo in 2 casi fu documentata una calcolosi multipla), a sede intraduttale prossimale o intraparenchimale, avente diametro massimo variabile tra i 2 ed i 30 mm e diametro massimo medio di 7,89 mm.


    Le onde d’urto provenivano dal litotritore elettromagnetico Minilith SL 1 della Storz Medical (Kreuzlingen, Switzerland), che si compone di una piccola fonte cilindrica di onde pressorie, di un sistema parabolico di riflessione, che concentra le onde su un’area focale di 25 mm di lunghezza per 2,4 mm di larghezza, e di un sistema di trasduzione ad acqua con interposta una membrana in lattice; all'interfaccia con la cute, per ridurre la dispersione energetica, si applica uno strato di gel per ultrasuoni; il calcolo viene identificato attraverso uno scanner ad emissione di ultrasuoni 7,5 MHz Sigma 1 AC della Kontron Instruments (St Quentin en Yvelines, France), coassiale con il trasduttore, che consente di monitorizzare in tempo reale le fasi della frantumazione.


    La frequenza di emissione delle onde d’urto variava da 60 a 120 al minuto e l’energia era erogata secondo 9 crescenti gradi di intensità (9-16 kV).


    Mediamente, per seduta, venivano somministrati circa 2.000 colpi in 30-40 minuti, con cadenza quindicinale.


    Durante il trattamento delle ghiandole sottomandibolari, i pazienti utilizzavano protezioni dentarie in cotone idrofilo, per quello delle parotidi, anche inserti auricolari antirumore.


    L’esito del trattamento è stato indagato tramite ecografia di controllo a distanza di circa tre mesi dal termine dello stesso; i risultati sono stati valutati statisticamente utilizzando il test del chi quadrato ed applicando le correzioni di Yates ove necessario.




    RISULTATI


    Sottoponendo i pazienti così selezionati ad una media di 5 sedute di litotrissia extracorporea ad onde d’urto elettromagnetiche, con estremi di 2-11, e durata media del trattamento di 75 giorni, si è ottenuta la completa frantumazione e conseguente eliminazione delle formazioni litiasiche, eventualmente con l’ausilio di una chirurgia mini-invasiva in prossimità dello sbocco duttale, (papillosfinterotomia, effettuata in anestesia locale per contatto), nel 28,88% delle scialolitiasi sottomandibolari e nel 40% di quelle parotidee, pari rispettivamente a 13 e 4 soggetti su 45 della prima sede e 10 della seconda, che hanno completato il ciclo terapeutico.


    Dei rimanenti, il 57,77% delle calcolosi sottomandibolari ed il 50% di quelle parotidee (pari rispettivamente a 26 e 5 casi) hanno fornito risultati solo parziali, presentando residui frammenti litiasici di dimensioni uguali o maggiori di 2 mm, a fronte peraltro di un significativo miglioramento sintomatologico; infine il 13,33% ed il 10% delle due localizzazioni (pari rispettivamente a 6 e 1 soggetti), sono rimasti del tutto invariati rispetto alla condizione di partenza.


    Gli effetti collaterali sono stati trascurabili consistendo in un possibile temporaneo rigonfiamento ghiandolare, associato a lieve sintomatologia algica, in sporadiche petecchie cutanee e transitoria secrezione salivare striata di sangue.


    Correlazione statisticamente significativa è stata riscontrata tra localizzazione intraduttale del calcolo ed esito favorevole del trattamento (P>.05).




    DISCUSSIONE E CONCLUSIONI


    I dati summenzionati complessivamente dimostrano che la litotrissia extracorporea ad onde d’urto elettromagnetiche dà circa l’85% di risultati positivi (di cui un 30-35% pieno ed un 50-55% solo parziale), a fronte di un trascurabile rischio di lesioni iatrogene transitorie non rilevanti (lieve dolore e rigonfiamento ghiandolare, modeste petecchie cutanee e possibile gemizio ematico endoduttale).


    Ciò è in accordo con quanto rilevato da altri Autori (Tab. 23.1 di pag. 262 Controversis …).


    Il 10-15% di casi rimasti immodificati è da ricondurre invece alle notevoli dimensioni del calcolo (> di 10 mm) o alla sua localizzazione intraparenchimale; in queste evenienze è verosimile, infatti, che la formazione litiasica sia avvolta da una pseudo-capsula fibrotica che impedisca ai prodotti della frantumazione di venire evacuati con la saliva attraverso il dotto principale.


    Da qui l’importanza di un protocollo diagnostico che fornisca dettagli sulle dimensioni e sede dei calcoli (duttali o intraparenchimali), nonché sulla conformazione del dotto escretore (dilatazione a monte, decorso, ecc…) (Ottaviani F. in Radiology, 1997), al fine di selezionare i casi più indicati al trattamento chirurgico conservativo per via indorale.


    A tal proposito, l’ecografia ad ultrasuoni applicati con sonda per i tessuti molli del collo si è dimostrata indagine sicuramente attendibile, ancorché non sempre risolutiva (per Escudier, 1998, l’indice di detezione ecografia dei calcoli salivari varia dal 63 al 94%), specie per i calcoli di tipo radiotrasparente e quindi con sbarramento acustico posteriore meno evidente (Traxler et al., 1992), e ancor di più se siti nella porzione distale dei dotti salivari maggiori, laddove, in alternativa alla scialografia, che offre il vantaggio di meglio evidenziare le anomalie del calibro duttale (van den Akken e Busermann Sokole, 1983), è stata recentemente proposta una sonda intra-orale ad alta frequenza (Brown et al., 1997).


    Nei casi d’incertezza diagnostica strumentale, soccorre comunque sempre la semeiotica clinica, che attraverso la palpazione bimanuale consente, specialmente per la litiasi sottomandibolare, di identificare il calcolo lungo il decorso del dotto o all'ilo ghiandolare.


    LA VERTIGINE

    La vertigine viene clinicamente distinta in oggettiva o rotatoria, e soggettiva.


    La prima è caratterizzata da un senso di allucinazione spaziale per una rotazione dell'ambiente circostante, dovuta all'involontaria deriva dei globi oculari, in presenza di visione, sospinti verso il lato della defaillance vestibolare, cui corrisponde un movimento del campo visivo in senso opposto, da cui il senso di rotazione ambientale: clinicamente ciò viene confermato dalla presenza di un nistagmo, che contempla appunto una movimento oculare lento verso il lato deficitario ed un rapido recupero in senso opposto, recupero che avviene peraltro in assenza di visione.


    Per contro la vertigine soggettiva viene descritta come un senso di instabilità, disequilibrio, debolezza, astenia, talvolta anche come senso di deliquio, svenimento o annebbiamento visivo/riduzione del campo visivo.


    La vertigine oggettiva o rotatoria è più spesso dovuta a patologia del recettore vestibolare ovvero della parte periferica dell'apparato vestibolare; talvolta questa può essere presente anche in patologia del sistema nervoso centrale, ma in questo caso più spesso associata ad altra sintomatologia neurologica.


    La vertigine soggettiva, invece, è più spesso dovuta a turbe cardiocircolatorie e può essere frequentemente mal descritta dal paziente e/o enfatizzata e riferita confusamente in base all'elaborato soggettivo del malato.




    Tornando alla vertigine oggettiva o rotatoria, essa può essere a sua volta suddivisa in base alla durata della manifestazione:




    vertigine rotatoria breve, della durata di frazioni di minuto, che si può ripresentare anche più volte nella giornata, specie al raggiungimento di certe particolari posizioni del capo rispetto allo spazio;

    vertigine rotatoria della durata di alcune ore, spesso associata a sintomi uditivi, come distorsioni sonore, cioè percezione di suoni metallici, e acufeni, che può configurare l'incipit di una patologia degenerativa del labirinto su base idropica;

    vertigine rotatoria della durata di alcuni giorni, riconducibile a processi infiammatori del recettore vestibolare e/o del primo neurone afferente.



    Dal punto di vista dell'approccio clinico e terapeutico occorre quindi operare una prima distinzione tra vertigine oggettiva, di squisita pertinenza otoiatrica, e vertigine soggettiva, che potrebbe rappresentare invece un campanello d'allarme di una disfunzione più propriamente internistica.




    Una volta appurata la presenza di un quadro da sofferenza vestibolare periferica, occorre discriminare in base alle caratteristiche temporali della vertigine stessa, in quanto ognuna delle tre sottocategorie sopra accennate implica un approccio terapeutico differente:




    nel primo caso di tipo Kinesico;

    nel secondo di tipo farmacologico eziopatogenetico;

    nel terzo di tipo farmacologico sintomatico.



    Allo specialista competente spetta quindi il compito di una diagnosi specialistica accurata, che consenta un corretto inquadramento clinico ed il conseguente idoneo approccio terapeutico risolutivo.




    CONTATTATE IL DR. LENZI CON UNA TELEFONATA PER FISSARE UN APPUNTAMENTO

Scrivi tramite il modulo di contatto per maggiori info sulle pubblicazioni dell'otorino a Milano

Contatta lo staff
Share by: